Violenza domestica, Istat: chiamate al 1522 in aumento del 79,5%.
Nel 2020 sono aumentate le richieste di aiuto al 1522, numero contro la violenza e lo stalking. In particolare, nella settimana tra il 23 e il 29 novembre le chiamate sono più che raddoppiate (+114,1%)
Durante la pandemia si è verificato un drammatico aumento della violenza domestica. Secondo il rapporto Istat, nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%).
La convivenza forzata durante il lockdown ha contribuito all’aggravarsi di una situazione già molto preoccupante. Per questo si è parlato di un’emergenza nell’emergenza, di una doppia pandemia: epidemiologica e di violenza.
Secondo dati Istat, il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo, con picchi ad aprile (+176,9% rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 rispetto a maggio 2019), ma soprattutto in occasione del 25 novembre, data in cui ricorre la giornata contro la violenza sulle donne.
Nel 2020 questo picco, sempre presente negli anni, è stato decisamente più importante dato che, nella settimana tra il 23 e il 29 novembre del 2020, le chiamate sono più che raddoppiate (+114,1% rispetto al 2019).
La Giornata del 25 novembre, osserva l’Istat, sembra agire sulle vittime come effetto motivazionale nella ricerca di un supporto esterno.
La spinta rappresentata da questo stimolo esterno è peraltro osservabile dalle risposte che le donne vittime forniscono alla domanda relativa alla frequenza della violenza subita.
Oltre la metà delle donne dichiara infatti che la violenza dura da anni (68% nel 2018, 69% nel 2019 e 58% nel 2020) o da mesi. Questa giornata rappresenta dunque per le vittime una spinta a uscire dall’isolamento.
La violenza segnalata al 1522 è soprattutto fisica (47,9% dei casi), ma quasi tutte le donne hanno subito più di una forma di violenza e tra queste emerge quella psicologica (50,5%).
Rispetto agli anni precedenti, sono aumentate le richieste di aiuto delle giovanissime fino a 24 anni di età (11,8% nel 2020 contro il 9,8% nel 2019) e delle donne con più di 55 anni (23,2% nel 2020; 18,9% nel 2019).
Le donne che si rivolgono al 1522 denunciano in larga parte violenze del partner (57,1% nel 2020) ed ex partner (15,3%); tuttavia nel 2020 sono in crescita anche quelle da parte di altri familiari (genitori, figli, ecc.), che raggiungono il 18,5% (12,6% nel 2019).
Il Rapporto Istat analizza anche l’attività svolta dai centri antiviolenza.
Nei primi 5 mesi del 2020 sono state 20.525 le donne che si sono rivolte ai Centri (CAV). Dopo il calo di utenze, in corrispondenza del lockdown di marzo 2020, i Centri hanno trovato nuove strategie di accoglienza (il 78,3%).
Solo sei CAV hanno dovuto interrompere l’erogazione dei servizi. Nella maggioranza dei casi (95,4%) i CAV hanno supportato le donne tramite colloqui telefonici, nel 66,5% dei casi hanno utilizzato la posta elettronica, mentre nel 67,3% i colloqui sono stati in presenza nel rispetto delle misure di distanziamento.
Essenziale è stato il ruolo della rete territoriale antiviolenza per supportare i Centri nel loro lavoro.
Per quanto riguarda le Case rifugio, nei primi 5 mesi del 2020 sono state ospitate 649 donne, l’11,6% in meno rispetto ai primi 5 mesi del 2019.
Le Case hanno, infatti, segnalato più difficoltà, rispetto ai CAV, a organizzare l’ospitalità delle donne e a trovare nuove strategie (55,3% dei casi).