Censis: 7 mln di cittadini si indebitano per curarsi.
Gli italiani si indebitano per curarsi e usano i soldi che hanno da parte per pagare prestazioni specialistiche, visite e farmaci. Nell’ultimo anno per fronteggiare le spese per la salute 7 milioni di italiani si sono indebitati e 2,8 milioni hanno dovuto usare il ricavato della vendita di una casa o svincolare risparmi. La spesa sanitaria privata sta aumentando e pesa soprattutto su chi ha meno soldi. Allo stesso tempo, emerge con forza un sentimento di diffuso rancore nei confronti del servizio Sanitario Nazionale, tanto che milioni di italiani arrivano a giustificare la limitazione di risorse pubbliche per chi è alcolista, per i tossicodipendenti, per chi soffre di obesità.
Il quadro per niente rassicurante emerge dal rapporto Censis-Rbm presentato al Welfare Day 2018. La spesa sanitaria privata sta aumentando e alla fine dell’anno arriverà al record di 40 miliardi di euro (contro i 37,3 miliardi dello scorso anno) con un aumento del 9,6% dal 2013 al 2017, molto più dei consumi complessivi (che sono aumentati del 5,3%). Nell’ultimo anno 44 milioni di italiani hanno speso soldi di tasca propria per pagare prestazioni sanitarie per intero o col ticket. Questa spesa pesa soprattutto sulle famiglie con i redditi più bassi, tanto che la tredicesima di un operaio se ne va tutta in cure sanitarie: quasi 1100 euro l’anno.
“C’è chi si indebita per pagare la sanità”, evidenzia il Censis. Sono 7 milioni gli italiani che in un anno si sono indebitati, 2,8 milioni hanno dovuto intaccare i risparmi o vendere casa per curarsi. La ricerca dice chesolo il 41% degli italiani copre le spese sanitarie esclusivamente con il proprio reddito: il 23,3% deve integrarlo attingendo ai risparmi, mentre il 35,6% deve usare i risparmi o fare debiti (in questo caso la percentuale sale al 41% tra le famiglie a basso reddito). Il 47% degli italiani taglia le altre spese per pagarsi la sanità (e la quota sale al 51% tra le famiglie meno abbienti).
Dalla ricerca del Censis emerge anche un altro fenomeno: la percezione di una sanità ingiusta, che pesa soprattutto su chi ha redditi bassi, sui lavoratori che devono assentarsi dal lavoro, su chi non ha santi in paradiso e soccombe ai furbi. Sono 12 milioni, dice il Censis, gli italiani che hanno saltato le liste d’attesa attraverso conoscenze o raccomandazioni. Questo “rancore per la sanità” porta però, come reazione, la volontà di limitare le risorse pubbliche agli altri. Chi sono gli altri? Chi si cura fuori regione (“Ognuno si curi a casa propria”). E chi ha uno stile di vita valutato negativamente. Scrive il Censis: “Sono 13 milioni gli italiani che dicono stop alla mobilità sanitaria fuori regione. E in 21 milioni ritengono giusto penalizzare con tasse aggiuntive o limitazioni nell’accesso alle cure del Servizio sanitario le persone che compromettono la propria salute a causa di stili di vita nocivi, come i fumatori, gli alcolisti, i tossicodipendenti e gli obesi”.
Nel dettaglio, prosegue la ricerca, “il 37,8% degli italiani prova rabbia verso il Servizio sanitario a causa delle liste d’attese troppo lunghe o i casi di malasanità. Il 26,8% è critico perché, oltre alle tasse, bisogna pagare di tasca propria troppe prestazioni e perché le strutture non sempre funzionano come dovrebbero. Il 17,3% prova invece un senso di protezione e di fronte al rischio di ammalarsi pensa: «meno male che il Servizio sanitario esiste». L’11,3% prova un sentimento di orgoglio, perché la sanità italiana è tra le migliori al mondo. I più arrabbiati verso il Servizio sanitario sono le persone con redditi bassi (43,3%) e i residenti al Sud (45,5%). Ma per un miglioramento della sanità il 63% degli italiani non si attende nulla dalla politica”. I più rancorosi, prosegue il Censis, sono gli elettori della Lega e del Movimento 5 Stelle, che sono però anche quelli che più credono nel cambiamento promesso dal nuovo Governo.