Più infarti tra i poveri.

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La crisi economica non provoca solo danni in tavola agli italiani, ma aumenta anche i problemi acuti per la salute. L’allarme viene dal congresso della Società Europea di Cardiologia – che si è tenuto a Roma – secondo cui la salute può diventare una vera emergenza nei prossimi anni.“La crisi economica degli ultimi anni ha di fatto aumentato questa fascia della popolazione lasciandosi alle spalle una schiera di disoccupati, famiglie in difficoltà ed anziani con pensioni che non consentono di provvedere adeguatamente alle proprie cure. Una situazione che potrebbe in pochi anni rappresentare una vera e propria emergenza di salute pubblica, si stima infatti che proprio le malattie cardiache saranno maggior problema sanitario dei prossimi anni nei paesi occidentali. Una dimostrazione del ‘circolo vizioso’ che lega uno status socioeconomico basso con il maggior rischio viene da uno studio presentato proprio al congresso. I ricercatori hanno analizzato un totale di quasi 30,000 uomini e donne tra i 40 e i 76 anni, sottoposti ad una nuova visita tra gli 11 e i 15 mesi dopo il loro primo infarto del miocardio. I dati clinici sono stati incrociati con il reddito, lo status familiare, il livello di educazione e la condizione cardiovascolare. Durante il periodo di controllo di 4,1 anni, l’8% dei pazienti era andato incontro ad un secondo evento cardiaco ed è stata evidenziata una associazione indipendente del secondo evento con il livello economico. Nelle persone con il reddito più basso l’incidenza è risultata 25,9 ogni mille persone, mentre in quelle più ricche la cifra scendeva a 14,3. Anche per i divorziati si è visto un aumento dell’incidenza rispetto agli sposati. In Italia vi è una mortalità intraospedaliera molto bassa ma aumentano le persone che vengono ricoverate di nuovo dopo le dimissioni. Questo perché lasciano gli ospedali troppo presto, magari perché serve spazio o perché non possono permettersi le medicine di cui hanno bisogno che non vengono coperte dal Ssn. A questo si aggiunge il taglio dei reparti di cardiologia per effetto della spendign review. Il risultato è che si rischia di tornare indietro rispetto ai progressi fatti negli ultimi decenni”.