Buoni pasto

Dal 9 settembre i buoni pasto potranno essere spesi anche otto alla volta, alla cassa di un supermercato, in un bar o persino in un agriturismo e in un mercato. È la sostanziale e attesa novità contenuta in un decreto del Ministero dello Sviluppo economico, datato 7 giugno e pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale.

 

Già da febbraio il dicastero aveva preparato il provvedimento, se formalmente, infatti, come è scritto chiaramente sugli stessi ticket (o sulle tessere elettroniche sempre più diffuse) i buoni non sono cumulabili, molti sanno che nella prassi ciò è concesso.

 

I buoni sono diventati per i consumatori una vera e propria forma di sostegno al reddito, per i molti italiani che li hanno usati per “fare la spesa”.

Ma lo spirito originario del servizio è quello di sostituire il servizio mensa. Appellandosi a questo, ma anche al proprio vantaggio economico, gli esercenti più piccoli come bar e ristoranti hanno chiesto che si preservasse un limite stringente. Perché potendo spendere meno buoni insieme, è più probabile che il consumatore decida di farlo per un panino piuttosto che per una spesa di pochi prodotti al supermercato.

Nel primo provvedimento del Mise si parlava di un limite a dieci ticket. Il Consiglio di Stato, che insieme all’Anac ha visionato il testo e dato il suo parere, aveva suggerito una limatura. Alla fine, il cerchio si è chiuso sugli otto ticket. Formalmente, si salva anche il principio della “sostituzione della mensa”, dando modo agli utenti di acquistare una volta sola alla settimana i piatti pronti necessari ai loro “pranzi al sacco” in ufficio.

In realtà la norma non fa altro che confermare quello che sta già succedendo da tempo. Secondo l’Anseb, l’associazione delle società che emettono i ticket, è una “soluzione di mezzo: sarà una novità nella misura in cui si farà rispettare il limite”. Un riflesso diretto per l’economia di alcuni consumatori, però, ci potrebbe essere.

Il decreto pubblicato in Gazzetta elenca dunque, all’articolo 3, la tipologia di esercizi presso i quali si possono usare i ticket. Vi rientrano quelli legittimati ad esercitare la somministrazione di cibo e bevande; l’attività di mensa aziendale ed interaziendale; la vendita al dettaglio di alimentari, sia in sede fissa che su area pubblica (quindi i mercati); gli spacci aziendali; nei mercati agricoli , negli agriturismi. Il decreto amplia anche il numero dei prodotti acquistabili. Per includere infatti le nuove categorie, quali i coltivatori diretti e i mercati, la norma fa ora riferimento alla possibilità di acquistare anche “alimentari e bevande” e non solo prodotti “pronti al consumo”. Resta invece lo stop ad altre categorie, dai detersivi ai pannolini.

 

L’ articolo 4 chiarisce quali sono le caratteristiche dei ticket pasto. Detto della novità principale, il cumulo fino a otto, “sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato”. Restano “non cedibili” e non convertibili in denaro e sono “utilizzabili solo dal titolare”. Si possono utilizzare solo “per l’intero valore facciale”, ovvero il valore stampato sul buono stesso e che comprende l’Iva. Niente resti, dunque, se si paga coi buoni. Per i buoni elettronici valgono le stesse cose, salvo che l’obbligo di firma è assolto in via digitale.