Morosità condominiale, indagine fra gli amministratori: aumenterà di almeno il 20% nei prossimi mesi

La morosità condominiale aumenterà di almeno il 20% nei prossimi mesi. La ragione principale di questa crescita saranno le difficoltà economiche. È la previsione che fanno gli associati di Anammi, l’Associazione Nazional-europea degli Amministratori d’Immobili, sulla base di un sondaggio interno che ha coinvolto i suoi oltre 13mila iscritti. Il fenomeno della morosità condominiale non è una novità, ma negli ultimi anni, in coincidenza con i momenti economici più difficili, come nel 2022 per via dei rincari energetici, ha vissuto picchi significativi. E ora “la morosità condominiale rialza la testa – dicono da Anammi – e rende più difficile la gestione dell’attività quotidiana”.

Per il 72,97% degli associati che hanno risposto all’indagine, nei prossimi mesi il ritardo nei pagamenti degli oneri condominiali avrà un forte impatto sul loro lavoro e sugli stessi condòmini. La previsione che fanno è che la morosità condominiale aumenterà del 20%: è questa l’opinione di oltre 6 intervistati su dieci.

«Non è un dato da poco, il problema del versamento rimandato a oltranza è molto comune».

Per il 15,12% andrà peggio con una crescita del 70%, mentre per il 12% la percentuale raddoppierà.

Per gli intervistati la ragione principale dell’aumento è da ricercarsi nelle difficoltà economiche dei condòmini (38,8%). Tuttavia, a poca distanza (36%) gli associati segnalano lo scarso rispetto delle regole, una tendenza che riguarda la morosità come pure le liti di condominio. Il 25% degli intervistati fa invece riferimento a una incapacità di gestione delle proprie finanze. La conseguenza più evidente è che per il professionista la gestione delle spese diventerà molto complessa (66,50%).

«È logico che chi onora gli impegni economici si dimostri poco disponibile a comprendere le ragioni di chi non paga –mandando in rovina, letteralmente, il condominio. L’amministratore si trova così a lavorare in un contesto ‘avvelenato’, perché la morosità incide negativamente sull’ecosistema condominiale».

Basti pensare che la dilazione dei pagamenti provoca l’impossibilità di proseguire i lavori condominiali già in corso (13,37%), il mancato versamento del compenso al professionista (11,05%), e ovviamente il peggioramento dei rapporti tra vicini.

La morosità condominiale è un fenomeno che pesa soprattutto nelle metropoli, a Roma e Milano, mentre gli immobili che maggiormente ne sono colpiti sono in genere di grandi dimensioni (35,53%) e in periferia (35,26%). Per il 14% degli amministratori, il problema colpisce però anche i condomìni dei quartieri più ricchi o abitati da persone anziane (13,95%).

Il Codice civile, dopo la riforma del condominio, impone il decreto ingiuntivo entro sei mesi dal mancato pagamento, ma non basta a sanare la situazione. Gli stessi soci dell’Anammi ammettono che, per salvare i conti condominiali, ricorrono alla rateizzazione in quasi la metà dei casi, unita ad un’attenta selezione dei fornitori e all’impiego di tecnologie che favoriscono il risparmio.

 

L’amministratore ha l’obbligo di attivarsi per la riscossione dei crediti, senza dover chiedere anticipatamente autorizzazione all’assemblea. “Attivarsi” significa non solo inviare lettere di messa in mora, ma anche intraprendere le azioni giudiziarie.

Tale obbligo scatta entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.

L’amministratore, inoltre, può procedere in autonomia con la scelta dell’avvocato secondo una sua valutazione personale.

La via giudiziaria consiste nella possibilità di ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. Questo significa che il condominio, già il giorno dopo la notifica al debitore del decreto ingiuntivo, può procedere con l’esecuzione forzata senza bisogno di attendere i 40 giorni per poter attivare l’ufficiale giudiziario.

 

Per quanto riguarda invece il fatto dell’esecuzione forzata, il condominio ha sempre la possibilità di aggredire l’immobile del debitore, iscrivendovi ipoteca e in seguito metterlo all’asta. Ciò vale anche nella situazione dove l’abitazione è stata precedentemente inserita nel fondo patrimoniale.

 

In caso la casa risulti già ipotecata si può procedere con una richiesta di informazione per recupero crediti, che consente di fotografare in maniera approfondita lo stato economico/patrimoniale attuale del debitore, quindi individuare tutti i beni aggredibili del debitore, i conti bancari e postali e giudicarne la capienza con le referenze, individuare l’attuale datore di lavoro o pensione percepita ecc.

 

Da non sottovalutare neanche la possibilità di avviare un pignoramento presso terzi in caso in cui il debitore sia proprietario dell’immobile, ma lo abbia dato in affitto. In pratica dopo aver chiesto il decreto ingiuntivo l’avvocato notificherà all’inquilino il pignoramento, ordinandogli, da quel giorno in poi, di pagare l’affitto, anziché al padrone di casa, nelle mani dell’amministratore che lo tratterà mensilmente fino all’estinzione del debito.