Amate vecchie lire

Le vecchie lire sono ancora valide, ecco come incassarle. Una sentenza della Corte Costituzionale stabiliva il diritto di conversione in euro per dieci anni a partire dal 2002. Tale diritto è stato interrotto da un decreto del governo Monti che tagliò di tre mesi il termine fissato al 28 febbraio 2012. Stante le interpretazioni degli esperti, quest’ultimo trimestre dev’essere recuperato. In assenza delle decisioni della Banca d’Italia, il periodo dovrebbe quindi essere di tre mesi a partire dal giorno di pubblicazione della sentenza, cioè giovedì 5 novembre 2015. Invitiamo i cittadini in possesso di vecchie lire, sia in banconote che monete metalliche, e che volessero convertirle, a recarsi presso uno sportello della Banca d’Italia e chiederne il cambio in euro. L’impiegato potrebbe rifiutare il cambio con la giustificazione che mancano ancore le istruzioni che la Banca d’Italia, recependo la sentenza, sta intanto concordando con il MEF. Chi è interessato dal provvedimento può inviare una diffida tramite un’associazione di consumatori. Sul sito Internet della Banca d’Italia, è tuttora presente l’annuncio che, senza lasciare spazio a interpretazioni, comunica che “Dal 7 dicembre 2011 non è più possibile convertire in euro biglietti e monete in lire (art. 26 del Decreto Legge 201/2011) . Il cambio di conversione deve essere quello stabilito ufficialmente e applicato al momento del passaggio alla moneta unica europea, cioè 1.936,27 lire per ogni euro. Le vecchie lire ancora in circolazione sono tante. Secondo i calcoli dell’Adusbef, sarebbero restati vacanti, ovvero non richiesti di conversione, circa 2.600 miliardi di banconote in lire. Questo senza contare le monete metalliche delle quali la Banca d’Italia non tiene neppure il conto, dato che non possiedono i numeri di serie. Il Governo di Mario Monti decise di sospendere in anticipo la conversione incassando in questo modo un miliardo e 200 milioni di euro per l’addio anticipato alla possibilità di cambiare la lira che oggi la Consulta ha definito incostituzionale. La somma fu versata in tre diverse rate da Bankitalia nelle casse statali. In quel caso la fretta ha pagato!