TLC: i consumatori vogliono una connessione più veloce? Pagassero gli investimenti. Inaccettabile l’emendamento del Governo che vuole aumentare i costi degli abbonamenti di telefonia fissa.
Con l’emendamento 76.07 alla legge di Bilancio per il 2025 il Governo ha introdotto un’accelerazione alla procedura di decommissioning già avviata e definita dettagliatamente da Agcom con Delibera 114/24/CONS, su cui era stata svolta una lunga consultazione sin dal 2021, la quale prevede la cessazione della rete in rame entro il 2028.
Se da un lato si può cogliere un tentativo di accelerare il processo di miglioramento ed efficientamento della rete dei servizi digitali del nostro Paese, dall’altro non si possono assolutamente trascurare i risvolti negativi per i consumatori, sui quali questa scelta improvvisata riverserà gli immancabili disservizi legati a una sostituzione affrettata e l’aumento notevole dei costi per gli abbonamenti ai servizi di telefonia e dati.
Si comprende, infatti, dalla lettura dell’emendamento che gli operatori saranno chiamati ad investire centinaia di milioni di euro tra costi diretti e maggiori oneri procedurali, costi che saranno scaricati sull’utenza finale. Non a caso il testo dell’emendamento recita esplicitamente che tutti i servizi in rame subiranno dal 1° gennaio 2025 un aumento di prezzo del 10%, al fine di costituire un Fondo che finanzi i maggiori investimenti delle aziende. Misura inaccettabile, che non si ha il coraggio di definire nuova imposta che colpisce cittadini e imprese di tutti i settori, con un rischioso effetto moltiplicatore sull’aumento generale dei prezzi al consumo.
È noto che il settore delle TLC sta attraversando da tempo una crisi, che il Governo non sembra voler affrontare equamente, in gran parte dovuta al fatto che gli OTT non contribuiscono alla manutenzione e all’ampliamento delle reti di trasmissione che utilizzano gratuitamente. Se passasse l’emendamento, che trasuda di finalità propagandistiche in nome dell’efficientismo governativo, graverebbe ulteriormente sulle tasche degli incolpevoli utenti, parte debole del rapporto contrattuale, chiamati a coprire con gli aumenti dei canoni d’abbonamento alla rete fissa i maggiori investimenti imposti agli operatori.
Ma soprattutto il provvedimento non tiene minimamente conto della reale situazione del Paese, in cui sono ancora molte le zone prive di connettività a banda larga, cosa non rimediabile in tempi brevi – certo non senza adeguata programmazione – che si tradurrà inesorabilmente in considerevoli disagi per milioni di utenze interessate, oltre ai possibili disservizi anche per le zone coperte.
Riteniamo, perciò, tale iniziativa insostenibile e totalmente svantaggiosa per i consumatori e, pertanto, chiediamo al Governo di provvedere allo stralcio dell’emendamento.
Rinnoviamo, invece, a Governo e Parlamento la richiesta di un provvedimento che impegni tutti i player del mercato delle telecomunicazioni a garantirne la qualità, anzitutto adottando un metodo per far contribuire economicamente anche gli OTT, i quali utilizzano, e spesso intasano, le reti con i loro servizi, dando così più equilibrio e stabilità a questo mercato.