Sacchetti di plastica per frutta e verdura
Sacchetti di plastica, addio: dal 1° gennaio solo bio, compostabili e…a pagamento
L’anno nuovo si è aperto in Italia con una importante novità che sta creando molto malcontento tra i consumatori: dal 1 gennaio 2018, i sacchetti per imbustare frutta e verdura al supermercato e quelli per il secondo imballaggio del banco macelleria, pescheria, gastronomia devono essere rigorosamente biodegradabili, compostabili e a pagamento. Il 13 agosto 2017, infatti, è entrata in vigore la legge n. 123/2017 (“Decreto Mezzogiorno”), che recepisce la Direttiva UE n. 2015/720 ed abroga la precedente disciplina (art. 2, D.L. n. 2/2012).
In base a quanto previsto dalla legge, tutte le buste, anche i sacchetti leggeri e ultraleggeri (con spessore inferiore ai 15 micron), dovranno avere un contenuto minimo di materia prima rinnovabile del 40%. Una percentuale che salirà al 50% nel 2020 e al 60% nel 2021.
Il costo si aggirerà intorno ai 2-5 centesimi di Euro. Una novità che è stata annunciata come l’ennesima stangata a discapito dei consumatori.
Il rischio, infatti, è quello di allontanare i consumatori dall’obiettivo primario, della sostenibilità ambientale, imponendo loro di sostenere un costo che, se calcolato nel suo complesso, potrebbe essere non poco gravoso per le famiglie italiane
L’Osservatorio di Assobioplastiche ha svolto una prima ricognizione di mercato (grande distribuzione) relativamente al prezzo dei sacchetti biodegradabili e compostabili, stimando che, se il consumo medio di ogni cittadino si aggira attorno ai 150 sacchi/anno, con i prezzi che oscillano tra 1 e 3 centesimi di euro a sacchetto, la spesa massima annuale sarebbe attestata a € 4,5/anno per consumatore.
Secondo i dati dell’analisi GFK-Eurisko, le famiglie italiane effettuano in media 139 spese anno nella GDO. Ipotizzando che ogni spesa comporti l’utilizzo di tre sacchetti per frutta/verdura, il consumo annuo per famiglia dovrebbe attestarsi a 417 sacchetti per un costo compreso tra € 4,17 e € 12,51 (considerando un minimo rilevato di 0,01 € e un massimo di 0,03€).
Secondo un breve sondaggio condotto da Assobioplastiche “Il 65% dei consumatori si è dichiarato favorevole ai nuovi sacchetti, in ragione della loro sostenibilità. A dimostrazione che i cittadini premiano sempre di più gli interventi legati alla sostenibilità e alla tutela dell’ambiente, anche se questi vanno ad incidere sulle loro tasche, il prezzo non è più la sola e unica componente da tenere in considerazione”.
La ricerca di una maggiore qualità del prodotto/servizio offerto, il rispetto dell’ambiente e delle politiche di sostenibilità sono ormai fattori chiave nelle scelte dei consumatori.
“L’innovazione”, dichiara Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, “ha un prezzo ed è giusto che i bioshopper siano a pagamento, purché sia garantito un costo equo che si dovrebbe aggirare intorno ai 2/3 centesimi a busta.
Intanto arriva una precisazione dal ministero della Salute: “Non si possono riutilizzare i sacchetti per la spesa bio già usati per frutta e verdura, ma si potranno portare da casa, a patto che siano monouso”. Tutto abbastanza contorto come si vede, perché se uno li portasse da casa per due volte o tre e ci mettesse dentro arance o mele, senza toccare le altre, con i soliti “guantini”, quale sarebbe la contaminazione?