Spesa in crescita nei discount
È certo un modo per risparmiare. Andare al discount, o meglio, farlo con una frequenza maggiore rispetto al passato.
Come per i costi delle bollette, anche sul cibo si fa sentire l’aumento dei prezzi. Ed è così che crolla l’acquisto dei prodotti più cari, tipo carne e pesce, mentre si riempiono i carrelli dei discount, facendo più attenzione al risparmio piuttosto che alla fedeltà al marchio.
Secondo i dati del Rapporto Coop 2023, il 90% dei consumatori ha ridotto gli sprechi, il 63% ha iniziato o aumentato la frequenza di spesa nei discount. Lo studio Luci e ombre per l’agricoltura italiana messo a punto da Nomisma per la Cia – Agricoltori Italiani conferma. Gli italiani sono più preoccupati della media Ue per l’inflazione, per il rischio povertà e per la guerra: il 51% dei cittadini è in difficoltà economica contro il 45% del resto dell’Europa. E gli effetti della crisi, si evidenzia, si fanno sentire soprattutto sui consumi alimentari, tanto che l’84% cambia le proprie abitudini e il 46% dice “no” al superfluo. Il taglio riguarda soprattutto i prodotti più costosi, tipo carni rosse (-14%), pesce (-9%), salumi (-8%), vino (-6%).
Soltanto il 22% non rinuncia alla qualità. Sul fronte opposto prendono il largo, appunto, i discount, che crescono al ritmo del +12% in un anno, precisa il report.
6 famiglie su 10 faticano ad arrivare a fine mese
Per il 2024, al netto di improbabili cambi di direzione e con un indice di povertà pericolosamente salito nel corso di questi anni, la situazione nel nostro Paese è destinata a peggiorare.
I dati sono noti: 2,2 milioni di famiglie vivono in povertà assoluta: l’8,3 per cento sul totale, parliamo di 5,7 milioni di persone: il 9,7 per cento sul totale (entrambi questi numeri sono cresciuti rispetto al 2021 di 0,6 punti percentuali). «Tra i paesi dell’Unione Europea siamo quello in cui le famiglie hanno più difficoltà ad arrivare alla fine del mese: il 63%, contro una media Ue del 45,5%». Dati su cui pesano una serie di fattori, tra cui «l’inflazione, una tassa piatta su chi non ce la fa, che colpisce soprattutto le persone che hanno meno possibilità dal punto di vista economico».
3 milioni di lavoratori poveri
In questo quadro, è cambiato nel tempo l’idea stessa di povertà, che non è solo assenza di lavoro, ma è legata a doppio filo al lavoro cosiddetto povero. Ci sono in Italia 3 milioni di donne e uomini che, pur avendo un impiego, non ce la fanno ad arrivare a fine mese. E sono dati sull’emerso. Se continuiamo ad avere contratti nei quali le persone sono pagate 4,50-5 euro l’ora non c’è da stupirsi.
Secondo i dati di Eurostat, 95,3 milioni di persone, pari al 21,6% della popolazione, sono a rischio povertà o esclusione sociale. «In Europa la povertà colpisce 48 milioni di persone in democrazie ed economie forti e quando in un paese come l’Inghilterra emergono quei dati vuol dire che la situazione è molto è molto grave».